Tumori del fegato

Tumori del fegato

Il Fegato

COS'È IL FEGATO E DOVE SI TROVA
Il fegato è il più grande organo parenchimatoso del corpo umano e si trova all’interno della cavità addominale, nella sua parte superiore destra, direttamente sotto il diaframma. Pesa circa 1,4 kg, è di colore bruno rossastro ed è diviso in due lobi e otto segmenti di forma e dimensioni diverse. Il sangue raggiunge il fegato attraverso due grandi vasi: l’arteria epatica e la vena porta. All’interno del fegato, questi si suddividono in rami di dimensioni via via minori, fino a terminare in piccoli capillari. Il fegato ha diverse funzioni essenziali: è adibito alla produzione della bile, al metabolismo degli zuccheri e delle proteine e all’eliminazione dei prodotti di scarto e delle tossine dal flusso sanguigno. Un fegato in salute e funzionante è quindi essenziale per una vita sana.

1) SINTOMI
Molte delle patologie del fegato possono decorrere asintomatiche per lungo tempo manifestandosi con sintomi aspecifici come stanchezza e malessere generale. Tra i sintomi specifici delle malattie epatiche vi è l'ittero, una condizione caratterizzata dalla colorazione giallastra della pelle e delle sclere, che si verifica quando c'è un accumulo di bilirubina (un costituente della bile) nel flusso sanguigno. L’ittero può essere causato da un blocco meccanico al deflusso della bile dal fegato all’intestino (“ittero ostruttivo”) ed in questo caso, si associa a segni quali: prurito, urine scure e feci chiare. L’ittero può essere inoltre causato da altre condizioni come la presenza di una infiammazione o una infezione del fegato (nota come epatite), da una cirrosi epatica, da eccessiva distruzione dei globuli rossi (emolisi) e un gran numero di altre condizioni metaboliche complesse. A volte, le patologie del fegato possono manifestarsi con dolore localizzato a destra, nella parte alta dell’addome, appena sotto le costole. Questo dolore può peggiorare con la respirazione profonda, e/o irradiarsi posteriormente nella zona lombare o alla spalla destra. Una sintomatologia di questo tipo può insorgere anche per problematiche legate a patologie della colecisti, del diaframma, della colonna vertebrale o del torace, rendendo a volte difficile la diagnosi. La ritenzione idrica è un altro dei sintomi che può associarsi a patologie del fegato come la cirrosi. Questa si manifesta con gonfiore addominale e delle caviglie. Possono associarsi dei lividi sulla pelle, dovuti a un deficit della coagulazione a causa della mancata produzione da parte del fegato dei fattori della coagulazione. Infine, in caso di insufficienza epatica il paziente può presentare una condizione nota come encefalopatia, caratterizzata da alterazione dello stato mentale con confusione e sonnolenza. Questo sintomo può essere transitorio e manifestarsi anche dopo un intervento chirurgico al fegato ed è causato da un accumulo nel sangue di tossine e prodotti di scarto, come l’ammoniaca, che normalmente vengono metabolizzati a livello epatico.

2) EPATITE E CIRROSI EPATICA
L'epatite è un'infiammazione del fegato che può essere causata da infezioni (come l'epatite virale A, B o C), sostanze chimiche (es. alcol), farmaci (es. sovradosaggio di paracetamolo) o disturbi del sistema immunitario. Quando l’infiammazione si protrae nel tempo, causa danni al fegato e la formazione di aree di fibrosi e tessuto cicatriziale intorno ad aree nodulari di cellule epatiche in fase di rigenerazione e che rappresentano l’inizio della cirrosi epatica. Il trattamento dell’epatite e della cirrosi epatica si basa sul trattamento dell’infiammazione, con lo scopo di bloccarla prima che causi dei danni permanenti. Il trattamento chirurgico viene riservato alla gestione delle complicanze della cirrosi, tramite il trapianto di fegato. Questo tipo di chirurgia viene eseguito in un numero limitato di ospedali italiani ed è riservata a casi selezionati di pazienti con cirrosi avanzata o con grave insufficienza epatica. I trapianti di fegato non sono ad oggi eseguiti in Poliambulanza.

3) NEOPLASIE BENIGNE
Esistono numerose neoplasie benigne del fegato: molte di queste, se correttamente inquadrate, non richiedono alcun trattamento. Di seguito riportiamo le patologie che più frequentemente giungono all’attenzione del chirurgo:

  • Gli emangiomi sono lesioni benigne, causate da una eccessiva proliferazione di vasi sanguigni all’interno del fegato. Poiché sono spesso asintomatici, vengono di solito riscontrati per caso nel corso di indagini radiologiche eseguite per altri disturbi o malattie. In alcuni casi, possono avere un aspetto radiologico simile ad alcuni tumori maligni, ed il chirurgo è quindi chiamato ad eseguire un intervento chirurgico di asportazione della massa, per raggiungere una diagnosi definitiva. 
  • Le cisti epatiche sono lesioni benigne molto comuni e innocue nella maggioranza dei casi. Possono raggiungere dimensioni considerevoli e causare disturbi legati alla pressione esercitata sugli organi adiacenti come il diaframma, lo stomaco e l’intestino. In alcuni casi, possono raggiungere i 20-30 cm di diametro e arrivare a contenere diversi litri di liquido. Cisti di queste dimensioni, possono causare gonfiore addominale, e fiato corto. In casi più rari, le cisti epatiche sono espressione della malattia policistica del fegato. In questi casi, il parenchima epatico è completamente sostituito da centinaia di cisti, che possono essere riscontrate anche in altri organi con il rene. I pazienti affetti da cisti epatiche di grandi dimensioni che causano sintomi, possono trarre beneficio da un intervento chirurgico di fenestrazione della cisti, che consiste nel rimuovere parte della parete della cisti e del drenaggio del liquido che si trova al suo interno. Invece, i pazienti che si presentano con multiple cisti di piccole dimensioni, non beneficiano del trattamento chirurgico, a meno che i sintomi non siano causati da una o poche cisti di dimensioni maggiori che potrebbero essere trattate in maniera mirata.
  • Iperplasia nodulare focale (FNH) È una condizione benigna del fegato che colpisce le giovani donne, che di solito non causa alcun sintomo ed è frequentemente individuata causalmente nel corso di indagini radiologiche. Tuttavia, il suo aspetto può mimare quello di tumori maligni e può essere necessario eseguire una biopsia per raggiungere una diagnosi definitiva. Occasionalmente l’FNH può avere grandi dimensioni e causare una sintomatologia legata alla pressione esercitata sugli organi circostanti. In questi casi, l’asportazione chirurgica della massa è indicata al solo scopo di eliminare i sintomi.  
  • L'adenoma epatico è un tumore benigno che colpisce le donne con storia di trattamenti con pillola anticoncezionale, gli uomini che assumono steroidi anabolizzanti o pazienti affetti da disturbi metabolici. Con il tempo, un piccolo numero di queste neoplasie possono trasformarsi in neoplasie maligne, mentre, quando di piccole dimensioni possono talvolta regredire completamente dopo l’interruzione del trattamento ormonale. In genere, considerato il rischio di trasformazione maligna, si preferisce rimuovere l’adenoma epatico chirurgicamente, anche se l’approccio può cambiare a seconda dei casi. 
  • Il cistadenoma è un tumore estremamente raro che colpisce spesso le porzioni centrali del fegato. Con il tempo, questi tumori hanno la tendenza a diventare maligni, motivo per cui richiedono di essere asportati chirurgicamente, per poterne prevenire la trasformazione. La loro diagnosi può essere complessa in quanto possono avere un aspetto radiologico simile a quello di altre patologie del fegato come le cisti idatidee o le cisti semplici. 
  • La cisti idatidea è una lesione del fegato causata da un'infezione parassitaria. È un’infezione tipica delle aree dove vengono allevate le pecore ed è presente anche in Italia. Il parassita (echinococcus) ha un ciclo vitale che coinvolge le pecore (o capre), i cani e occasionalmente l'uomo. I parassiti si sviluppano all’interno di cisti nel fegato e causare dolore addominale, febbre, gonfiore o ittero, in altri casi l’infezione può decorrere in maniera asintomatica. Inizialmente, l’infezione viene trattata con farmaci antiparassitari (ad esempio albendazolo) e solo in un secondo momento la cisti può essere rimossa chirurgicamente. Quando l’infezione viene trattata correttamente, ha un’ottima prognosi.


4) TUMORI MALIGNI
I tumori del fegato si dividono in due categorie: quelli primitivi che originano dal fegato e quelli secondari che originano dagli altri organi e diffondono al fegato solo in un secondo momento. Tutti i pazienti affetti da un tumore primitivo o secondario del fegato dovrebbero essere valutati in centri specializzati come quello di Poliambulanza, dove è presente un team multidisciplinare dedicato. Questo comprende un team di epatologi, oncologi, radiologi, patologi e chirurghi specializzati nella diagnosi e cura delle patologie neoplastiche del fegato, che prendono in cura il Paziente, stabilendo il miglior trattamento per il suo caso.

Tumori Primitivi

  • Il Carcinoma epatocellulare (HCC), è un tumore primitivo del fegato, che colpisce soprattutto le persone affette da cirrosi epatica associata ad infezione da epatite B, C o ad emocromatosi, una rara malattia metabolica. Il HCC se di piccole dimensioni, può essere completamente asintomatico, mentre i tumori di maggiori dimensioni possono causare disturbi addominali aspecifici o franchi segni di insufficienza epatica, come ittero, encefalopatia, ritenzione idrica, o emorragie.  Il trattamento del HCC varia da caso a caso e può includere la resezione chirurgica della parte di fegato interessata, il trapianto di fegato, l’ablazione del tumore con radiofrequenza (RFA) o la chemoembolizzazione delle arterie che vascolarizzano il tumore (TACE). Il miglior trattamento per il paziente viene stabilito in base allo stato di salute del fegato (severità della cirrosi o dall’assenza di cirrosi), dalla sede, dalle dimensioni e dal numero dei tumori presenti nonché dai loro rapporti con i principali vasi arteriosi e venosi del fegato. I tumori piccoli e singoli sono i più semplici da trattare, mentre la complessità del trattamento aumenta per tumori multifocali e di grandi dimensioni, in particolare se si sviluppano al centro del fegato o infiltrano i principali vasi sanguigni. Alcuni pazienti possono presentare multipli noduli di HCC che coinvolgono diverse parti del fegato. In questi casi si può ricorrere ad una combinazione di trattamenti. Ad esempio, si può utilizzare la TACE per ridurre le dimensioni dei noduli più grandi, la RFA per bruciare i tumori che occupano le porzioni centrali del fegato e la chirurgia, per rimuovere i noduli più superficiali. Nonostante in passato, il trattamento chemioterapico non si sia rivelato molto efficace nel trattare l’HCC, negli ultimi anni sono diventati disponibili nuovi farmaci molto efficaci nel controllare il corso di questa malattia.
  • Il colangiocarcinoma è un tumore che origina dai dotti biliari del fegato. Può coinvolgere sia i piccoli dotti che si trovano in profondità, all’interno del fegato, sia svilupparsi nei rami maggiori al centro del fegato (ilo) o esternamente, nel dotto biliare principale (coledoco).  I fattori di rischio noti per il colangiocarcinoma sono le infezioni delle vie biliari da parte di parassiti (esempio: Clonorchis) frequenti nei paesi dell'Asia nordoccidentale e l’infiammazione cronica delle vie biliari, come accade nella colangite sclerosante. Il trattamento del colangiocarcinoma può essere molto complesso perché spesso si sviluppa nei dotti biliari della parte centrale del fegato e tendono ad infiltrare già alla diagnosi i principali vasi sanguigni nel loro punto d’ingresso al fegato. Questo tipo di tumori sono chiamati colangiocarcinomi ilari o tumori di Klatskin. Purtroppo, solo il 20% dei pazienti con colangiocarcinoma ilare è candidabile al trattamento chirurgico. Gli interventi prevedono spesso una resezione epatica maggiore (epatectomia destra o sinistra), l’asportazione del dotto biliare principale e dei linfonodi circostanti con il fine di eradicare tutte le cellule tumorali. In alcuni casi è inoltre necessario asportare e ricostruire parte dei vasi che irrorano il fegato, come la vena porta o l’arteria epatica. Alcuni colangiocarcinomi dei dotti biliari più periferici possono essere più semplici da trattare chirurgicamente, sebbene il trattamento di questi tumori rimanga molto complesso.
  • Tumore della colecisti è un tumore della via biliare che si sviluppa all’interno della colecisti. Può invadere per contiguità il fegato, infiltrare il dotto biliare principale e i vasi epatici principali (arteria epatica, vena porta). Quando ciò accade, questi tumori presentano le stesse difficoltà tecnico-chirurgiche del colangiocarcinoma ilare (vedi sopra) e vengono trattati nello stesso modo. In alcuni casi, il tumore della colecisti può essere diagnosticato in una fase precoce, quando presenta ancora piccole dimensioni e non ha infiltrato le strutture circostanti. Purtroppo, in queste fasi precoci, il tumore è spesso asintomatico o può mimare la sintomatologia causata da altre patologie più comuni come  i calcoli biliari (dolore addominale associato al consumo di cibi grassi).  Indagini radiologiche più approfondite possono aiutare la diagnosi, anche se spesso rimane difficile distinguere con certezza un tumore da un polipo benigno, un calcolo, o l’infiammazione della colecisti. Quando una diagnosi di certezza non può essere raggiunta, è necessario procedere con un intervento chirurgico mininvasivo di asportazione della colecisti (colecistectomia) che può essere associata una piccola resezione epatica e all’asportazione dei linfonodi circostanti. Nel caso l’analisi del pezzo chirurgico confermi la diagnosi di un tumore precoce, non è necessario alcun altro trattamento. Nel caso si tratti di un tumore più avanzato, può essere necessario eseguire un secondo intervento chirurgico a cielo aperto per asportare più tessuto. Tuttavia, il caso più comune è la diagnosi in seguito ad un intervento di asportazione della colecisti per la presenza di calcoli. In questo caso il paziente deve essere indirizzato presso un centro specializzato come il nostro, per eseguire un nuovo intervento di asportazione di una porzione del fegato, dei linfonodi circostanti, del tessuto cicatriziale del vecchio intervento e del dotto cistico che connetteva la colecisti alla via biliare.


Tumori secondari (metastasi epatiche)

Fino a pochi decenni fa, quasi tutti I tumori secondari del fegato erano considerati inoperabili. Oggi, grazie ai progressi effettuati in ambito chirurgico e nella ricerca, abbiamo molte più informazioni sulla biologia di queste malattie e farmaci in grado di far regredire o controllare questi tumori sono ora disponibili, aumentando il numero di pazienti a cui può essere offerto un intervento chirurgico.

  • Le metastasi epatiche dovute alla diffusione al fegato del cancro del colon, sono quelle più frequenti. Circa il 30-40% dei pazienti con questa condizione sono operabili, con un rischio operatorio relativamente basso. Nei pazienti senza comorbidità, la mortalità è inferiore al 1%, mentre nei pazienti ad alto rischio, come ad esempio quelli anziani e con gravi patologie cardiologiche o polmonari, è più elevata. La maggior parte dei pazienti che si sottopone a questi interventi ha un prolungamento della sopravvivenza, e circa il 30-50% degli operati vengono guariti dal tumore del colon. I risultati migliori vengono raggiunti nei pazienti che vengono trattati con un trattamento multimodale che include la combinazione della chirurgia epatica con il trattamento sistemico chemioterapico. Se sei un paziente che è stato sottoposto ad un regime chemioterapico standard, di solito suggeriamo di attendere circa 4 settimane dall’ultimo ciclo di trattamento prima di sottoporti a un intervento chirurgico, per consentire a te e al tuo fegato di riprendersi prima dell'operazione. Se invece sei stato sottoposto ad un regime di chemioterapia più intensivo, potrebbe essere necessario attendere almeno 8 settimane prima di affrontare l'intervento. Anche in questo caso la decisione di intraprendere un trattamento chirurgico viene presa dal team multidisciplinare. Grazie alla nostra esperienza siamo in grado di operare con successo anche i casi più complicati e il numero e le diamensioni delle metastasi epatiche non rappresentano più un ostacolo all’intervento chirurgico.  Ad esempio, siamo riusciti ad asportare più di 20 metastasi epatiche in una singola operazione o singoli tumori di diametro superiore a 25 cm. In questi casi, il fattore limitante non è dato dalle dimensioni della parte di fegato che deve essere rimossa, ma dal volume di fegato sano che rimane. L’operazione è possibile solo quando il chirurgo è in grado di rimuovere tutta la malattia, lasciando una quantità sufficiente di fegato sano. In alcuni casi, possono essere presenti più tumori che coinvolgono entrambi i lobi del fegato che sarebbe troppo rischioso asportare in un unico intervento chirurgico. In queste circostanze, si può eseguire  un intervento in due fasi; la prima prevede l’asportazione dei tumori nel lobo sinistro dl fegato, poi  si aspettando alcune settimane per consentire a questa parte del fegato di rigenerarsi, ed infine si esegue l’intervento chirurgico di asportazione dei tumori sul lobo destro. In quei casi in cui i tumori infiltrino i vasi sanguini principali, in entrata in uscita dal fegato, l’intervento chirurgico potrebbe non essere possibile, ed altre opzioni teraupeutiche vengono prese in considerazione, dopo discussione del team multidisciplinare.
  • Tumori neuroendocrini (NET o carcinoidi), sono neoplasie che originano dalle cellule del tratto digestivo specializzate nella produzione di ormoni e che solo successivamente si diffondono (metastatizzano) al fegato. I siti più frequentemente coinvolti sono: l’intestino tenue, il pancreas, l’appendice e il colon-retto. Il comportamento biologico dei tumori neuroendocrini è molto vario; questa categoria infatti include sia tumori di piccole dimensioni, a crescita lenta con un comportamento benigno/indolente, sia tumori molto aggressivi, che crescono rapidamente e tendono ad metastatizzare ad altri organi. In acluni casi, questi tumori producono ormoni attivi che vengono rilasciati nel circolo sanguigno causando una sindrome clinica caratteristica. Per esempio, i NET che originano dall’intestino tenue possono produrre un ormone chiamato serotonina causando la “sindrome da carcoinoide” che si manifestra con arrossamenti improvvisi del viso  e del corpo, palpitazioni, vertigini, diarrea e dolore addominale che sono scatenati da situazioni di stress, sforzo fisico, alcuni cibi o alcolici. Alcuni dei NET che originano dal pancreas, possono invece produrre insulina, un ormone che regola i livelli di zucchero nel sangue, e sono pertanto chiamati insulinoma. L’insulinoma provoca un eccessivo abbassamento della glicemia (livello di zucchero nel sangue) a digiuno causando palpitazioni, sudorazione, svenimento, fame. Un altro ormone che può essere prodotto dai NET del pancreas (glucagonoma) è il glucagnone. Questo ormone regola la glicemia con un’azione opposta a quella dell’insulina, cià mobilizzando gli zuccheri dal fegato ed aumentando i livelli di glicemia. Il glucagonoma causa comparsa di diabete ed eruzioni cutanee (eritema necrolitico migrante). Infine un altro tipo di NET pancreatico e del primo tratto intestinale (duodeno) è il gastrinoma, un tumore che produce gastrina e che stimola la produzione di succo gastrico, causando lo svilippo di ulcere a carico dello stomaco che possono talvolta causare sanguinamenti importanti. Altri NET più rari sono: il VIPoma, PPPoma. Quando producono ormoni i NET sono più facili da diagnosticare in fasi precoci, tuttavia la maggior parte dei NET producono ormoni non attivi e quindi possono decorrere in maniera del tutto asintomatica. Per questo motivo i NET “non funzionanti” vengono spesso diagnosticati in una fase avanzata cioè quando hanno già metastatizzato al fegato. Sebbene sia difficile curare i NET che hanno già prodotto dei secondarismi epatici, è possibile eseguire un trattamento combinato medico, radiologico-interventistico e chirurgico per prolungare e migliorare la qualità di vita di questi pazienti.
  • Tumori stromali gastrointestinali (GIST/leiomiosarcoma) sono neoplasie rare che originano dalla parete muscolare dell’intestino. Il fegato è un sito frequente di metastatizzazione ed anche in questo stadio, possono essere trattati con successo con una combinazione di chirurgia e trattamento medico.
  • Altri tumori secondari del fegato che, in casi selezionati, possono essere passibili di chirurgia sono il melanoma, tumore del rene, del seno, dello stomaco, del polmone e alcuni sarcomi.


5) CHI DOVREBBE ESSERE SOTTOPOSTO A CHIRURGIA EPATICA?
La chirurgia epatica è solitamente eseguita per le persone affette da tumori maligni nel fegato. I chirurghi specializzati nel trattamento di queste patologie selezionano per l’intervento i pazienti che hanno la più alta probabilità di benificiare dell’operazione o perchè possono essere curati o perchè possono ottenere un significativo prolungamento dell’aspettativa o della qualità di vità. Purtroppo non tutti i pazienti beneficiano della chirurgia, per cui i rischi e i benefici di questi interventi vengono sempre attentamente valutati singolarmente. Nel caso in cui la chirurgia non sia una buona opzione, il team multidisciplinare sarà comunque in grado di offrirti trattamenti alternativi gestire la tua malattia.

I tumori benigni vengono invece operati solo se soddisfatto almeno uno dei seguenti criteri: a) il tumore è causa di dolore o altri sintomi invalidanti, b) il tumore potrebbe degenerare e diventare maligno, c) la diagnosi è incerta.

6) DOMANDE FREQUENTI PRIMA DI SOTTOPORSI A CHIRURGIA EPATICA

  • È sicuro sottoporsi a chirgia epatica?
    La chirurgia epatica è la branca della chirurgia generale che negli ultimi anni ha subito i maggiori cambiamenti e progressi con una netta riduzione sia delle complicanze che della mortalità, quando eseguita da chirurghi esperti in centri specializzati. In Poliambulanza, la mortalità per questo tipo di interventi è di circa 1-2 casi ogni 100 eseguiti. Nei casi più complessi, dove il rischio di complicanze e di mortalità potrebbero essere più elevate, questi aspetti vengono discussi con il paziente prima di ogni operazione in modo di poter valutare con il proprio chirurgo se sottoporsi meno all’intervento chirurgico. 
  • Avrò bisogno di una trasfusione di sangue dopo l'operazione?
    La maggior parte dei pazienti non necessita di alcuna trasfusione nè durante, nè dopo l’intervento chirurgico. Di solito, le perdite di sangue stimate nel corso di chirgia sul fegato è di circa 200-600 ml. Anche durante gli interventi più complessi,  è raro che le perdite ematiche possano superare il litro.
  • Quanto è lunga la degenza per gli interventi eseguiti a cielo aperto (tecnica classica)?
    La degenza dopo l’intervento è di circa 7-10 giorni. I pazienti più giovani potrebbero avere una degenza ospedaliera più corta, mentre se si dovesse sviluppare una complicanza, la permanenza in ospedale sarà maggiore e durerà per il tempo necessario a raggiungere la completa guarigone.
  • Quanto è lunga la degenza per gli interventi eseguiti con tecnica mini-invasiva (laparoscopica/robotica)?
    La degenza dopo l’intervento è di circa 2-4 giorni, qanche se acluni tra i pazienti più giovani potrebbero essere in grado di tornare a casa già il giorno successivo l’operazione.


7) DOMANDE FREQUENTI DOPO L'INTERVENTO DI CHIRURGIA EPATICA

  • Quando sarò in grado di tornare a lavoro? 
    Ogni paziente risponde all’intervento chirurgico in maniera diversa e la possibilità di rientrare a lavoro dipende sia dalle condizioni fisiche che dal tipo di lavoro svolto. Per esempio, i pazienti più giovani che si presentano con una buona forma fisica già all’intervento e quelli che svolgono un lavoro sedentario, potrebbero tornare a lavoro già dopo 1-2 mesi. In generale, consigliamo di non affrettare il rientro a lavoro se non si sente di essere tornati in forma e poter affrontare la routine lavorativa. Infatti, questi interventi chirurgici possono essere più debilitanti di quanto si pensi e necessitano di adeguati tempi di recupero.
  • Quando posso tornare a guidare l’auto?
    Il momento migliore è quando il paziente sente di potersi muovere liberamente e senza sentire dolore,  maneggiare i pedali ed essere in grado di eseguire una frenata di emergenza, nel caso in cui fosse necessario. Noi consigliamo di aspettare circa 6 settimane.
  • Dopo l’intervento, continuo ad avere dolore, è normale?
    Si, può essere normale provare ancora del dolore. Tuttavia, questo tende a ridursi gradualmente con il passare delle settimane dall’intervento. Potrebbe accadere che con la ripresa dell’attività fisica si possano provare delle fitte a livello della parte superiore dell’addome, dovute alla guarigione della cicatrice e degli strati muscolari più profondi della parete addominale. Questo tipo di fitte possono presentarsi improvvisamente anche a un anno dall’intervento in seguito a movimenti bruschi o insoliti. Dovresti invece sentire il parere del tuo medico, nel caso in cui il dolore sia più intenso di quello provato nel corso del ricovero o al momento del ricovero.
  • Dovrò sottopormi a chemioterapia dopo l’intervento chirurgico?
    La necessità di sottoporsi ad intervento chirurgico dipende dal tipo di tumore, dai risultati ottenuti con l’intervento chirurgico e dal fatto di avere o meno eseguito un trattamento chemioterapico preoperatorio. Dopo l’intervento chirurgico se ritenuto necessario, verrà richiesta una valutazione con l’oncologo per discutere questa possibilità.
  • La mia ferita chirurgica si è arrossata, potrebbe esserci un’infezione?
    Le ferite chirurgiche appaiono spesso leggermente arrossate per alcune settimane dopo l’intervento. Se tuttavia noti una zona di maggiore arrossamento a livello della ferita, un peggioramento del suo aspetto, la fuoriuscita di pus, la comparsa di febbre, dovresti contattare il tuo medico per una valutazione clinica.
  • Posso bere alcolici?
    Nelle prime settimane dopo l’intervento importante è consigliabile evitare l'alcol.
  • Sto assumendo altri farmaci, sono sicuri dopo un intervento chirurgico al fegato? 
    Alcuni farmaci (ad esampio: coumadin, digossina) vengono metabolizzati a livello del fegato e la loro azione potrebbe essere potenziata qualora l’azione detossifficante del fegato sia ridotta nelle prime settimane dopo l’intervento. Il suo medico le fornirà tutte le informazioni necessarie, sulla terapia da seguire a casa, al momento della dimissione. 
  • Sto assumendo dei prodotti erboristici naturali, posso continuare dopo l’intervento?
    Alcuni dei prodotti erboristici sono medicinali molto potenti che vengono metabolizzati dal fegato e le loro proprietò possono essere alterate dopo chirurgia. Questo sito web non offre informazioni sulle medicine alternative, tuttavia riteniamo sia prudente evitare questi prodotti nelle settimane precedenti e successive l’operazione, in quanto i loro effetti potrebbero essere imprevedibili. L'erba di San Giovanni (Hypericum perforatum) è uno di questi preparati che agisce a livello epatico e dovrebbe essere assolutamente evitata nel periodo perioperatorio.
  • Dovrò effettuare dei controlli dopo l’intervento chirurgico?
    Si, dopo l’intervento chirurgico effettuerà alcuni controlli. Se l’intervento è stato eseguito per un tumore maligno del fegato, i controlli durano per 5-10 anni. 


8) CHIRURGIA EPATICA A CIELO APERTO (TECNICA CLASSICA)
Il primo intervento di chirurgia epatica, una epatectomia destra, è stato eseguito a Parigi nel 1952. Da allora sono stati effettuati notevoli progressi e la chirurgia del fegato è diventata sicura quando eseguita in centri specializzati, come Poliambulanza, da un team di esperti.

9) 
CHIRURGIA EPATICA MINI-INVASIVA (LAPAROSCOPICA/ROBOTICA)
La chirurgia mini-invasiva è ormai praticata in tutto il mondo per eseguire quasi tutti gli interventi di chirurgia generale. Tuttavia, è una tecnica relativamente nuova per quanto riguarda la chirurgia del fegato. Basti pensare che il primo intervento mini-invasivo di chirurgia epatica è stato eseguito in Francia nel 1993 e che fino al 2006 erano stati eseguiti meno di 1000 casi in tutto il mondo. Poliambulanza è uno dei pochi centri italiani specializzati nel trattamento mini-invasivo (laproscopico/robotico) dei tumori del fegato. Negli ultimi due anni abbiamo pubblicato diversi lavori scientifici e presentato i nostri risultati a conferenze nazioni ed internazionale. Circa il 30% dei pazienti che devono sottoporsi ad un intervento di chirurgia epatica possono essere trattati con tecnica mini-invasiva. I pazienti candidabili a questo approccio sono quelli che presentano una malattia a carico dei segmenti epatici che sono accessibili con la strumentazione laparoscopica/robotica. Le aree più facilmente accessibili sono quelle sul lato sinistro del fegato, sulla parte anteriore del fegato, vicina alla colecisti (Figura 1), l’estremità destra (Figura 2), le aree superficiali a patto che non siano adiacenti ai grossi vasi sanguigni (Figura 3) e quelle profonde nel lobo destro e sinistro che possono essere rimosse con resezioni estese come un’epatectomia destra o sinistra (Figura 4). 

Tumori del fegato

Figura 1

Tumori del fegato

Figura 2

Tumori del fegato

Figura 3

Tumori del fegato

Figura 4

I tumori che coinvolgono la parte centrale del fegato, vicini ai principali vasi sanguigni (Figura 5), sono estremamente difficili da rimuovere chirurgicamente e possono richiedere vaste resezioni che vengono preferibilmente eseguite con tecnica a cielo aperto.

Tumori del fegato

Figura 5

I vantaggi della tecnica mini-invasiva (laparoscopica/robotica) sono: un tempo di recupero più breve, riduzione del dolore post-operatorio, riduzione delle complicanze, cicatrici chirurgiche più piccole, con risultati oncologici paragonabili a quelli ottenuti con la tecnica a cielo aperto.

10) ALTRI TRATTAMENTI PER I TUMORI DEL FEGATO

  • Ablazione a radiofrequenza (RFA)
    Questa tecnica utilizza l'energia elettrica a radiofrequenza emessa da sonda inserita nel tumore. La sonda surriscalda la parte di fegato che comprende il tumore, bruciando e distruggendo le cellule tumorali. Questa tecnica è molto efficace per trattare piccoli HCC (vedi sopra) ed è particolarmente utile per i pazienti affetti da cirrosi. Per gli altri tipi di tumore del fegato, il ruolo della RFA non è ancora stato chiarito, sopratutto rispetto al trattamento chirurgico. Noi lo consigliamo in pazienti selezionati affetti da piccoli tumori ma che non sono abbastanza in salute per tollerare un intervento chirurgico. 
  • Chemioterapia
    Questa è la somministrazione di farmaci antitumorali che possono essere assunti per bocca o tramite infusione endovenosa. Questo trattamento è utilizzato per trattare i tumori che hanno metastatizzato al fegato come nel cancro del colon-retto, è invece poco utilizzato nei tumori primitivi del fegato. A volte, la chemioterapia viene somministrata prima dell'intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante) con il fine di ridurre le dimensioni del tumore e facilitarne l’asportazione chirugica. In altri casi, la chemioterapia viene somministrata dopo l’intervento (chemioterapia adiuvante) ridurre la possibilità che il tumore si ripresenti in futuro. La chemioterapia può essere inoltre effettuata nei casi non operabili, per rallentare la progressione della malattia e quindi prolungare la sopravvivenza e mifliorare la qualità della vita del paziente.
  • Embolizzazione
    Questa tecnica prevedere l’inserimento di un sottile catetere (tubo di plastica) in una delle arterie nella parte superiore della coscia. Da qui il catetere viene spinto nel sistema arterioso per raggiungere il vaso che rifornisce direttamente il tumore del fegato. A questo punto vengono iniettati agenti embolizzanti  che occludono il sangue e bloccano l’arrivo di sangue al tumore, causandone la necrosi. Questo approccio viene utilizzato in tumori molto vascolarizzati come i NET (vedi sopra). Nel caso invece di tumori molto grandi o diffusi (esempio HCC), la stessa  tecnica può essere utilizzata per rilasciare agenti chemioterapici (chemio embolizzazione transarteriosa, TACE) 
  • Radioterapia Interna Selettiva (SIRT) con microsfere
    Si tratta di una nuovissima tecnica che utilizza minuscole microsfere radioattive che vengono iniettate nelle arterie all'interno del fegato. Attualmente questa è una tecnica sperimentale che viene eseguita solo in pochissimi centri nel mondo. Suggeriamo ai pazienti di considerarlo come ultima risorsa solo se hanno una malattia maligna confinata al fegato e non sono in grado di sottoporsi ad altri trattamenti più convenzionali.
  • Microonde / Crioterapia / HIFU / Iniezione di etanolo ecc
    Altri metodi sono stati utilizzati per uccidere le cellule tumorali del fegato inserendo sonde nel tumore e iniettando alcol o riscaldandole o congelandole. In generale sono meno efficaci o meno sicuri della chirurgia o del trattamento con radiofrequenza (RFA) e non li utilizziamo in questo centro. 

Malattie del Fegato

SINTOMI PRINCIPALI
Molte delle patologie del fegato possono decorrere asintomatiche per lungo tempo manifestandosi con sintomi aspecifici. Quando presenti, i sintomi più comuni sono:

Ittero
È la colorazione gialla della sclera degli occhi e della pelle, dovuta ad un difetto nel processo di produzione ed escrezione della bile da parte del fegato. La bile si accumula nel flusso sanguigno e si deposita nelle sclere e a livello della cute. Una parte viene eliminata nelle urine che appaiono tipicamente scure.

Dolore
È tipicamente localizzato nella parte superiore destra dell'addome con possibile irradiazione alla schiena e/o alla spalla destra. Un dolore simile può essere causato anche da patologie a carico di altri organi come la cistifellea, il duodeno e il diaframma; pertanto sono necessari approfondimenti diagnostici specifici per confermare se il dolore è causato davvero da una patologia del fegato.

Ascite (gonfiore addominale) ed edema (gambe e caviglie gonfie)
È dovuto alla ritenzione di liquidi a livello di gambe, caviglie e dell’addome dovuta ad una ridotta produzione da parte del fegato di una proteina chiamata albumina.

Ecchimosi
Possono verificarsi quando fegato non produce adeguatamente le proteine dei fattori della coagulazione, causando ecchimosi per traumi anche di lieve entità.

CHE COS'È L'EPATITE?
L'epatite è un'infiammazione del fegato che può essere causata da infezioni (come l'epatite virale A, B o C), sostanze chimiche (es. alcol), farmaci (es. sovradosaggio di paracetamolo) o disturbi del sistema immunitario. 

COS'È LA CIRROSI?
Quando l’infiammazione si protrae nel tempo, causa danni al fegato e la formazione di aree di fibrosi e tessuto cicatriziale intorno ad aree nodulari di cellule epatiche in fase di rigenerazione e che rappresentano l’inizio della cirrosi epatica.

Tumori del Fegato

TUMORI EPATICI BENIGNI
Molte lesioni epatiche sono benigne e vengono trovate incidentalmente durante  indagini radiologiche eseguite per altri motivi. Tuttavia, solo i chirurghi epatici specializzati sono in grado di decidere se ignorarle, indagare ulteriormente o trattarle. Alcune delle lesioni epatiche più comuni sono discusse di seguito.
 
Cisti epatiche
Formazioni rotondeggianti, presenti nel tessuto epatico, che contengono un fluido prodotto dalla parete. Le loro dimensioni varia e la rottura è rara.

Emangiomi
Sono le lesioni epatiche benigne più comuni, hanno un contenuto liquido e sono facili da diagnosticare con l’ecografia. Normalmente sono asintomatico e non hanno bisogno di alcun trattamento. Tuttavia raggiungono grandi dimensioni (30 cm di diametro) causando dolore o fastidi per cui può essere necessario asportale chirurgicamente. Il trattamento chirurgico consiste normalmente nel rimuovere il più possibile la parete cistica per evitare il riformarsi della cisti. Questo trattamente può essere fatto facilmente con un approccio chirurgico mininvasivo laparoscopica. La sola aspirazione di queste cisti non è consigliata in quanto recidivano frequentemente e possono infettarsi.

Iperplasia nodulare focale (FNH)
È una condizione benigna del fegato che colpisce le giovani donne, che di solito non causa alcun sintomo ed è frequentemente individuata causalmente nel corso di indagini radiologiche. Tuttavia, il suo aspetto può mimare quello di tumori maligni e può essere necessario eseguire una biopsia per raggiungere una diagnosi definitiva. Occasionalmente l’FNH può avere grandi dimensioni e causare una sintomatologia legata alla pressione esercitata sugli organi circostanti. In questi casi, l’asportazione chirurgica della massa è indicata al solo scopo di eliminare i sintomi.

Adenomi epatici
Sono rari tumori benigni. Sono più comuni nelle donne e sono spesso dovuti all'uso della pillola contraccettiva. Possono anche essere legati ad altri trattamenti ormonali steroidei e farmaci, compresi gli steroidi anabolizzanti usati nel body building.
 
Cistoadenoma
Sono rari tumori benigni, tuttavia hanno un rischio potenziale di trasformazione maligna. Per questo motivo dovrebbero essere rimossi chirurgicamente. 

Malattia idatidea
È una lesione del fegato causata da un'infezione parassitaria l’Echinococcus. E’ un’infezione tipica delle aree dove vengono allevate le pecore ed è presente anche in Italia. Il parassita ha un ciclo vitale che coinvolge le pecore (o capre), i cani e occasionalmente l'uomo. I parassiti si sviluppano all’interno di cisti nel fegato e causare dolore addominale, febbre, gonfiore o ittero, in altri casi l’infezione può decorrere in maniera asintomatica. Inizialmente, l’infezione viene trattata con farmaci antiparassitari (ad esempio albendazolo) e solo in un secondo momento la cisti può essere rimossa chirurgicamente. Quando l’infezione viene trattata correttamente, ha un’ottima prognosi. 

TUMORI MALIGNI DEL FEGATO
I tumori del fegato si dividono in due categorie: quelli primitivi che originano dal fegato e quelli secondari che originano dagli altri organi e diffondono al fegato solo in un secondo momento.

Tumori primitivi

  • Il colangiocarcinoma è un tumore che origina dai dotti biliari del fegato. Può coinvolgere sia i piccoli dotti che si trovano in profondità, all’interno del fegato, sia svilupparsi nei rami maggiori al centro del fegato (ilo) o esternamente, nel dotto biliare principale (coledoco).  I fattori di rischio noti per il colangiocarcinoma sono le infezioni delle vie biliari da parte di parassiti (esempio: Clonorchis) frequenti nei paesi dell'Asia nordoccidentale e l’infiammazione cronica delle vie biliari, come accade nella colangite sclerosante. Il trattamento del colangiocarcinoma può essere molto complesso perché spesso si sviluppa nei dotti biliari della parte centrale del fegato e tendono ad infiltrare già alla diagnosi i principali vasi sanguigni nel loro punto d’ingresso al fegato. Questo tipo di tumori sono chiamati colangiocarcinomi ilari o tumori di Klatskin. Purtroppo, solo il 20% dei pazienti con colangiocarcinoma ilare è candidabile al trattamento chirurgico. Gli interventi prevedono spesso una resezione epatica maggiore (epatectomia destra o sinistra), l’asportazione del dotto biliare principale e dei linfonodi circostanti con il fine di eradicare tutte le cellule tumorali. In alcuni casi è inoltre necessario asportare e ricostruire parte dei vasi che irrorano il fegato, come la vena porta o l’arteria epatica. Alcuni colangiocarcinomi dei dotti biliari più periferici possono essere più semplici da trattare chirurgicamente, sebbene il trattamento di questi tumori rimanga molto complesso.
  • Il Carcinoma epatocellulare (HCC), è un tumore primitivo del fegato, che colpisce soprattutto le persone affette da cirrosi epatica associata ad infezione da epatite B, C o ad emocromatosi, una rara malattia metabolica. Il HCC se di piccole dimensioni, può essere completamente asintomatico, mentre i tumori di maggiori dimensioni possono causare disturbi addominali aspecifici o franchi segni di insufficienza epatica, come ittero, encefalopatia, ritenzione idrica, o emorragie. Il trattamento del HCC varia da caso a caso e può includere la resezione chirurgica della parte di fegato interessata, il trapianto di fegato, l’ablazione del tumore con radiofrequenza (RFA) o la chemoembolizzazione delle arterie che vascolarizzano il tumore (TACE). Il miglior trattamento per il paziente viene stabilito in base allo stato di salute del fegato (severità della cirrosi o dall’assenza di cirrosi), dalla sede, dalle dimensioni e dal numero dei tumori presenti nonché dai loro rapporti con i principali vasi arteriosi e venosi del fegato. I tumori piccoli e singoli sono i più semplici da trattare, mentre la complessità del trattamento aumenta per tumori multifocali e di grandi dimensioni, in particolare se si sviluppano al centro del fegato o infiltrano i principali vasi sanguigni. Alcuni pazienti possono presentare multipli noduli di HCC che coinvolgono diverse parti del fegato. In questi casi si può ricorrere ad una combinazione di trattamenti. Ad esempio, si può utilizzare la TACE per ridurre le dimensioni dei noduli più grandi, la RFA per bruciare i tumori che occupano le porzioni centrali del fegato e la chirurgia, per rimuovere i noduli più superficiali. Nonostante in passato, il trattamento chemioterapico non si sia rivelato molto efficace nel trattare l’HCC, negli ultimi anni sono diventati disponibili nuovi farmaci molto efficaci nel controllare il corso di questa malattia.


Tumori secondari (metastasi epatiche) 
Si tratta di tumori che si sono diffusi al fegato da altri organi. Questi sono anche chiamati metastasi epatiche. Il trattamento delle metastasi epatiche dipende dalla loro origine e da molti altri fattori tra cui la loro distribuzione, il numero, la posizione, le dimensioni e le condizioni mediche generali del paziente. Negli ultimi anni e grazie ai progressi in ambito chirurgico, possono essere trattati in maniera aggressiva. La chirurgia viene utilizzata in combinazione   con la chemioterapia e altri trattamenti  (ad esempio l'ablazione a radiofrequenza) che hanno permesso a sempre più pazienti di beneficiare di un trattamento radicale.

  • Le metastasi epatiche dovute alla diffusione al fegato del cancro del colon, sono quelle più frequenti. Circa il 30-40% dei pazienti con questa condizione sono operabili, con un rischio operatorio relativamente basso. Nei pazienti senza comorbidità, la mortalità è inferiore al 1%, mentre nei pazienti ad alto rischio, come ad esempio quelli anziani e con gravi patologie cardiologiche o polmonari, è più elevata. La maggior parte dei pazienti che si sottopone a questi interventi ha un prolungamento della sopravvivenza, e circa il 30-50% degli operati vengono guariti dal tumore del colon. I risultati migliori vengono raggiunti nei pazienti che vengono trattati con un trattamento multimodale che include la combinazione della chirurgia epatica con il trattamento sistemico chemioterapico. Se sei un paziente che è stato sottoposto ad un regime chemioterapico standard, di solito suggeriamo di attendere circa 4 settimane dall’ultimo ciclo di trattamento prima di sottoporti a un intervento chirurgico, per consentire a te e al tuo fegato di riprendersi prima dell'operazione. Se invece sei stato sottoposto ad un regime di chemioterapia più intensivo, potrebbe essere necessario attendere almeno 8 settimane prima di affrontare l'intervento. Anche in questo caso la decisione di intraprendere un trattamento chirurgico viene presa dal team multidisciplinare. Grazie alla nostra esperienza siamo in grado di operare con successo anche i casi più complicati e il numero e le diamensioni delle metastasi epatiche non rappresentano più un ostacolo all’intervento chirurgico.  Ad esempio, siamo riusciti ad asportare più di 20 metastasi epatiche in una singola operazione o singoli tumori di diametro superiore a 25 cm. In questi casi, il fattore limitante non è dato dalle dimensioni della parte di fegato che deve essere rimossa, ma dal volume di fegato sano che rimane. L’operazione è possibile solo quando il chirurgo è in grado di rimuovere tutta la malattia, lasciando una quantità sufficiente di fegato sano. In alcuni casi, possono essere presenti più tumori che coinvolgono entrambi i lobi del fegato che sarebbe troppo rischioso asportare in un unico intervento chirurgico. In queste circostanze, si può eseguire  un intervento in due fasi; la prima prevede l’asportazione dei tumori nel lobo sinistro dl fegato, poi  si aspettando alcune settimane per consentire a questa parte del fegato di rigenerarsi, ed infine si esegue l’intervento chirurgico di asportazione dei tumori sul lobo destro. In quei casi in cui i tumori infiltrino i vasi sanguini principali, in entrata in uscita dal fegato, l’intervento chirurgico potrebbe non essere possibile, ed altre opzioni teraupeutiche vengono prese in considerazione, dopo discussione del team multidisciplinare.
  • Altri tumori
    Le metastasi da altri tumori come i tumori neuroendocrini, i tumori stromali gastrointestinali (GIST), i tumori renali e il melanoma sono spesso trattati mediante resezione chirurgica. In rari casi, anche le metastasi dal cancro al seno possono essere considerate per la resezione, tuttavia, questo dipende da vari fattori e ogni caso viene trattato e considerato singolarmente.

Chirurgia del Fegato, Background

La chirurgia del fegato è stata introdotta nei primi anni '50 a causa delle difficoltà legate alla manipolazione di questo organo. Il fegato infatti è un organo irrorato da una ricca rete di vene e arterie, che possono sanguinare facilmente, causando abbondanti emorragie difficili da controllare. Negli anni la chirurgia del fegato si è progressivamente evoluta fino alla fine degli anni ’80 quando il tasso di mortalità si era ridotto al 25%. Tuttavia solo recentemente, grazie al miglioramento degli strumenti chirurgici e della conoscenza del parenchima epatico e delle sue caratteristiche, nei centri altamente specializzati i tassi di mortalità sono scesi a meno del 3%. 

Chirurgia epatica a cielo aperto:
Questo è l'approccio più comunemente usato e solo fino a poco tempo fa, l'unico disponibile. Viene normalmente eseguito attraverso un'incisione lunga 15-25 cm nella parte superiore dell'addome.

Chirurgia epatica laparoscopica:
L'approccio mini-invasivo laparoscopico è stato introdotto a partire dagli anni '90 per trattare patologie  della cistifellea, il colon, la prostata, i reni. Tuttavia, a causa della difficile anatomia del fegato, la chirurgia epatica laparoscopica ha cominciato ad essere praticata solo negli ultimi dieci anni ed è tuttora limitata a pochissimi centri. Questo approccio chirurgico è molto utilizzato nel nostro reparto, e nel corso degli anni, abbiamo abbiamo dimostrato che la laparoscopia offre vantaggi significativi rispetto la chirurgia a cielo aperto. Abbiamo pubblicato più di 15 articoli su riviste chirurgiche (vedi le mie pubblicazioni) e infine, organizziamo regolarmente corsi di formazione, riconosciuti a livello internazione, per formare chirurghi di tutto il mondo nel campo della chirurgia laparoscopica del fegato.

L'approccio laparoscopico offre diversi vantaggi tra cui:

  1. Ferite chirurgiche più piccole
  2. Meno dolore postoperatorio
  3. Recupero postoperatorio più rapido
  4. Degenza ospedaliera più breve
  5. Ritorno anticipato al lavoro e alle normali attività
  6. Cicatrici di pochi cm e minor rischio di aderenze interne.


Tuttavia, questi sono interventi delicati e complessi e dovrebbero essere eseguiti solo da chirurghi esperti in questo campo.
 
Rischi della chirurgia laparoscopica
Le complicanze poù frequenti sono l'emorragia,  lesione di altri organi e la difficoltà a localizzare i tumori.  In questi casi, la conversione alla chirurgia aperta è obbligatoria.

Limitazioni
Non tutti i tumori del fegato sono candidabili alla chirurgia laparoscopica. Per alcuni tumori, come il colangio-carcinoma ilare, non è possibile eseguire un approccio di questi tipo a causa della necessità di un'estesa linfoadenectomia (la rimozione dei linfonodi). Nella mia esperienza, l'80% delle masse epatiche possono essere trattate con la chirurgia laparoscopica mininvasiva.

Domande Comuni sulla Chirurgia del Fegato

  1. Qual è il rischio di mortalità?
    Grazie ai progressi nelle tecniche chirurgiche e nel supporto anestetico, il tasso di mortalità è sceso dal 30% nei primi anni '80 a meno del 3% nei centri riconosciuti per la chirurgia epatica al giorno d'oggi. 
     
  2. Quanto tempo dura l'operazione?
    Dipende dal tipo di resezione epatica eseguita. Può variare da 1 a 8 ore.
     
  3. Quali sono le potenziali complicazioni chirurgiche?
    Le complicazioni più comuni sono emorragie, infezioni, fistole biliari e insufficienza epatica. E’ una chirurgia che richiede molta attenzione ai dettagli. La meticolosità e la precisione sono fondamentali per ridurre il rischio di emorragie e perdite biliari. Una buona conoscenza della fisiologia del fegato, un'attenta selezione dei pazienti, un'accurata valutazione preoperatoria e l'esperienza nella chirurgia epatica sono essenziali per prevenire l'insufficienza epatica.
     
  4. I pazienti vengono mandati in terapia intensiva?
    Questo dipende dalle condizioni generali del paziente e dall'estensione della resezione chirurgica eseguita. Il paziente puo’ trascorrere una o due notti in un'unità di terapia intensiva per monitoraggio. I pazienti sottoposti a chirurgia epatica laparoscopica hanno una degenza ospedaliera più breve e un soggiorno più breve in terapia intensiva.
     
  5. Qual è la degenza media in ospedale?
    Anche in questo caso dipende dal tipo di resezione epatica eseguita. Per le resezioni minori, che eseguo in laparoscopia nel 100% dei casi, la degenza media è di 2 giorni e molti pazienti vengono dimessi dopo 1 giorno. Per una resezione maggiore, se l'operazione viene fatta in laparoscopia, la degenza media è di 4 giorni. Sarebbero 8 giorni se viene completata come procedura aperta.
     
  6. È vero che il fegato ricresce?
    Sì, il fegato è un organo generoso e ha la capacità di rigenerare il 90% di qualsiasi tessuto rimosso durante la resezione. Questo processo può richiedere dalle 6 alle 12 settimane perché la rigenerazione completa abbia luogo.
     
  7. Dovrò sottopormi a chemioterapia dopo l’intervento chirurgico?
    La necessità di sottoporsi ad intervento chirurgico dipende dal tipo di tumore, dai risultati ottenuti con l’intervento chirurgico e dal fatto di avere o meno eseguito un trattamento chemioterapico preoperatorio. Dopo l’intervento chirurgico se ritenuto necessario, verrà richiesta una valutazione con l’oncologo per discutere questa possibilità.
     
  8. Quando sarò in grado di tornare a lavoro? 
    Ogni paziente risponde all’intervento chirurgico in maniera diversa e la possibilità di rientrare a lavoro dipende sia dalle condizioni fisiche che dal tipo di lavoro svolto. Per esempio, i pazienti più giovani che si presentano con una buona forma fisica già all’intervento e quelli che svolgono un lavoro sedentario, potrebbero tornare a lavoro già dopo 1-2 mesi. In generale, consigliamo di non affrettare il rientro a lavoro se non si sente di essere tornati in forma e poter affrontare la routine lavorativa. Infatti, questi interventi chirurgici possono essere più debilitanti di quanto si pensi e necessitano di adeguati tempi di recupero.
     
  9. Quando posso tornare a guidare l’auto?
    Il momento migliore è quando il paziente sente di potersi muovere liberamente e senza sentire dolore, maneggiare i pedali ed essere in grado di eseguire una frenata di emergenza, nel caso in cui fosse necessario. Noi consigliamo di aspettare circa 6 settimane.
     
  10. Posso bere alcolici?
    Nelle prime dopo l’intervento importante è consigliabile evitare l'alcol.
     
  11. Avrò dei drenaggi dopo la dimissione?
    I drenaggi sono posizionati per rimuovere le secrezioni post-operatorie dalla cavità addominale. Occasionalmente si verificano complicazioni post-operatorie come un'emorragia interna o una perdita di bile e questo può essere visto rapidamente nei drenaggi e gestito di conseguenza. Le secrezioni post-operatorie come i liquidi sierosi o le perdite biliari moderate possono persistere per qualche tempo e sono normalmente trattate in modo conservativo fino a quando non si asiugano. Se il paziente è in forma e sta bene, può tornare a casa con un drenaggio. Per poi essere sottoposto a controlli regolarmente in un ambulatorio fino al momento in cui è opportuno rimuoverlo.
     
  12. Quanto spesso verrò visto in ambulatorio dopo la dimissione?
    La prima visita è normalmente entro 2-4 settimane dopo la dimissione. Questo per assicurare il normale recupero e per discutere i risultati istologici e l'ulteriore gestione postoperatoria. Il successivo controllo sarà dopo 3 mesi, poi 6 mesi e poi una volta all'anno per i successivi 5 anni. Questo programma può essere diverso per alcuni pazienti se le circostanze cambiano.
     
  13. Come posso essere sicuro di non avere recidive post operatorie?
    Ad ogni visita ambulatoriale sarà organizzata una TAC / RM con un prelievo del sangue che dosa marcatori tumorali saranno controllati regolarmente. Questo permetterà una precoce identificazione della recidiva della malattia e un adeguato trattamento, se possibile.

Per prenotare una visita

Il Prof. Mohammad Abu Hilal è direttore del dipartimento di Chirurgia Generale e responsabile dell'Unità di Chirurgia Epatobiliopancreatica, Robotica e Mininvasiva di Fondazione Poliambulanza.

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